Ho sottolineato la mia posizione sul processo del perdono evidenziando che perdonare non è tanto o solo perdonare un altro ma fondamentalmente "perdonare se stessi". Per arrivare al perdono a mio avviso occorre attraversare la rabbia che ci si porta dentro dall'offesa subita. Il risentimento danneggia il cuore, è una tossina che avvelena l'organismo ed inchioda l'individuo alla croce del suo passato senza mai poter dimenticare e lo tiene sveglio "nelle notti insonni vegliate al lume del rancore" ( De Andrè). Per riconquistare la perduta serenità dunque occorre un laborioso processo di pulizia dell'organismo dalle scorie della rabbia , del risentimento e del rancore. Il perdono non cambia il passato ma alleggerisce il futuro. Pertanto il perdono non può realizzarsi a livello mentale-intellettuale, non serve il capire ma il sentire. Sentire il proprio blocco del respiro largo e sereno, il cuore che batte al giusto ritmo non pulsante di rabbia, ricominciare ad amare e riprendersi la gioia di vivere. Da un punto di vista psicosomatico le parti del corpo coinvolte nella rabbia e risentimento si situano a livello del collo e della cervicale, bloccando la respirazione attraverso il muscolo diaframmatico. Ne soffre oltre al torace e cuore anche la schiena: la schiena simbolicamente rappresenta il nostro passato e il nostro lato ombra. Il collo è la sede dell'ego, dell'orgoglio da non confondere con la dignità. La rigidità del collo comprime torace e schiena bloccando la persona in uno spazio-tempo congelato. Perdonare in sintesi è un processo ed esperienza d'amore . Il perdono non cambia il passato ma alleggerisce il futuro e rende fluido il presente, qui-ora.
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